Su richiesta di alcuni amici lettori cercherò di approfondire e dar seguito ad alcuni temi “collaterali” che sono stati sollevati che riguardano più specificatamente la Libia.
A) L’assedio al Ministero degli Esteri e della Giustizia durato due settimane , contrariamente a quanto riferito dalla stampa, ha avuto come risultato, imposto dalla piazza , la promulgazione della legge che ha posto fuori dalla politica la nomenclatura ed il ceto dirigente a tutto vantaggio degli islamisti radicali. B) Dopo 18 mesi dalla caduta del regime di Gheddafi il governo libico é, e resta , incapace di opporsi alle milizie non riuscendo ad imporre una propria autorità. C) L’enorme vuoto creatosi é stato riempito da una moltitudine di bande armate che occupano le strade e rifiutano di sciogliersi. D) Come afferma Robert Kaplan “La Libia é passata dall’essere uno Stato tirannico a non essere per nulla uno Stato” ! Il vuoto ha permesso il saccheggio degli arsenali del regime senza che vi fosse un’esercito, una polizia capace di fermare la distribuzione delle armi. E) L’intervento militare Nato nel 2011 si é rivelato un’enorme errore strategico e politico. Politico perché esclusivamente finalizzato alla caduta del regime, strategico perché in assenza di strutture istituzionali, cosa ben nota, ha di fatto innescato e detrminato il disordine ed il caos attuale. G) L’eventualità di una separazione tra Cirenaica e Tripolitania ritorna prepotentemente alla ribalta, anche per la mole e l’impatto degli interessi economici che una tale separazione comporterebbe . L’anno scorso il Congresso del Popolo della Cirenaica avanzò una richiesta per una maggiore autonomia. Ma la possibilità di una Libia federale é l’anticamera di una secessoine definitiva. 3/4 dei giacimenti di idrocarburi sono situati in Cirenaica. H) Le possibilità che il governo provvisorio del Primo Ministro Alì Zidan riesca a gestire la situazione politica sono quasi nulle.
La prospettiva di un intervento.
L’incapacità dei think-tank americani quanto a decodificare le situazioni geo-politiche in altri emisferi ed a valutarne l’impatto politico sono ormai note . Basti andare a ritroso negli ultimi 60 anni e vedere quante guerre vinte sono state perse nel giro di pochi anni. La questione é molto dibattuta. Ma certo é che una conoscenza approfondita, non “internettiana”, del territorio e degli uomini che su quel territorio vivono da centenni aiuterebbe molto personaggi che amano disegnare scenari privi di fondamento .
Per tornare al nostro caso gli occidentali , francesi, anglo-americani hanno creduto che sostenere bande di straccioni per rovesciare il governo di Gheddafi fosse l’arma vincente e risolutiva . Si é dimostrata un’operazione tragicomica, se non fosse per quei poveracci che stanno rimettendoci la pelle. Un’encomio da parte mia é dovuto , ed i miei lettori sanno quanto parsimonioso sia con il mio paese e la sua politica, alla strategia seguita dall’Italia. Più coinvolta di altri, con enormi rischi di perdere quella relazioni costruite a fatica nel tempo , ha cercato soluzioni più adatte e meno accidentali, perseguendo fino ad oggi il mantenmento di obiettivi quasi perduti sulla carta. La volontà di scardinare lo scacchiere e con esso le nostre posizioni era evidente. La mancanza d’informazioni e la sicumera degli strateghi hanno determinato il pantano odierno. Ribelli senza convinzioni politiche , senza obiettivi determinati, indottrinati e con scarsa alfabetizzazione hanno condotto ad una situazione politica e sociale opposta a quella erroneamente attesa e prevista.
Non ci si rende conto che là visione del mondo per certi versi é rovesciata . Un’intervento militare oggi , nel caos attuale, sarebbe come gettare benzina sul fuoco. Inasprendo rapporti e relazioni, il nazionalismo arabo spesso vuoto ed imbelle, il panarabismo , ormai sepolto, ed un regalo immenso ad Al-Qaeda ed alle frange estreme dell’islamismo più radicale. Lasciamo perdere il Comando Combattente Unificato , Africom, basato a Stoccarda. Lasciamo perdere le esercitazioni Flintlock , missioni che tendono ad implementare l’interazione tra USA ,Europa e Africa e le operazioni congiunte svolte in Mauritania recentemente .
Occorre cambiare radicalmente strategia e politica. Lasciamo perdere gli interventi militari che non conducono a niente se non sono suffragati da precise volontà e da altrettanti fondi, oggi inesistenti. L’Europa per prima dovrebbe per territorialità e prossimità prendere la guida politica in questa parte del mondo. Abbandonare l’appoggio precedentemente dato alle forze islamiche che, di fatto, combattono i regimi laici .
Ridare peso e valore ai principi democratici collettivi ed individuali, operare una selezione radicale delle borghesie nazionali laiche ed anche confessionali che da sempre governano quei paesi e che sono realmente in grado di farli progredire socialmente. L’intervento militare del 2011 ha aperto la cataratta della “no man’s land” e dato luogo al caos.
In Nord -Africa non c’é da vincere una guerra , ma da vincere una pace! Occorre un maggior coinvolgimento politico – economico tra Nord e Sud del mediterraneo. Ma non quello europeocentrico propagandato da Sarkozy e finanziato da Gheddafi, ma una vera partnership basata su principi di seria collaborazione ,senza chichirichì, senza galli nel pollaio, senza tutori esterni capaci di determinare il risultato al tavolino della Storia. Anche perché le ciambelle non sembrano assecondare il risultato previsto ed i buchi costano all’erario ed alle tesche dei cittadini di quei paesi.
Buona vita a tutti.
Resta fermo il fatto che ci faremo manovrare come pupazzi: le basi da cui partiranno ancora una volta i raid in Libia saranno ovviamente le nostre. Così come è stato con i bombardamenti del 2011. Esporci al ludibrio in questo modo è dannoso: non possiamo proporci come mediatori o come partner commerciali se ci prestiamo a simili porcherie militari contro i nostri supposti alleati africani. Per ora non possiamo fare molto altro che guardare e tacere, l’imperatore decide per noi.
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esattamente la stessa strategia che si è seguita in passato (Afghanistan) e che si segue oggi in Siria.
più conveniente, dal punto di vista economico, militare e politico, di un intervento diretto nel breve termine.
terribilmente distruttiva nel lungo termine.
queste milizie, come tu stesso scrivi, hanno fondamenti ideologici e politici spesso radicalmente diversi e sono accomunate solo dal comune nemico. ovviamente, una volta vinto il conflitto dovranno regolare i conti fra loro e le armi saranno lo strumento preferenziale.
condivido, a grandi linee, la strategia proposta.
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